La bellissima cittadina di San Miniato, arroccata sul crinale di tre colline che si protendono parallele al corso dell’Arno, ha una storia molto complessa ed al tempo stesso affascinante.
A visitarla per la prima volta infatti si rimane colpiti dalla curiosa coesistenza di edifici religiosi ed altri a vocazione militare e signorile: segno di un’antica “centralità” della cittadina, che la tradizione vuole sia stata più volte sede di un vicario imperiale.
San Miniato è stata la sede prediletta degli imperatori germanici: tanto che al suo nome si è voluto aggiungere in passato, anche se mai ufficialmente, l’appellativo di “al tedesco”.
Sia il Barbarossa che Enrico VI, transitando per la Toscana, si fermarono a San Miniato, e così fecero anche Ottone IV e Federico II.
Le origini del centro sono strettamente legate alla Pieve di San Genesio, che tra i secoli VIII e XIII fu “la Roncaglia della Toscana […], in vista della sua centralità, costa si radunarono più volte diete di popoli, congressi per paci e alleanze, sacri concili e solenni giudicati”.

Dalla Pieve di San Genesio dipendeva una chiesa, dedicata a San Miniato, che era stata costruita nell’VIII secolo sul luogo dell’antica stazione militare romana di Quarto, e intorno alla quale venne edificato un borgo fortificato che sviluppò una sempre maggiore autonomia, giungendo ad eleggere magistrati propri.
Oltre a Federico Barbarossa, il quale il 20 Gennaio 1178 emise proprio qui un “diploma a favore della Badia di San Salvatore a Isola”, anche Federico II soggiornò nella città, rinforzando la rocca e facendo costruire l’altissima e imponente torre che ancora oggi (seppur nella ricostruzione dell’immediato dopoguerra) domina il territorio circostante. A questa torre è legato un episodio avvenuto nel 1249, dell’incarcerazione e l’accecamento di Pier delle Vigne, ministro di Federico II, accusato di aver ordito un complotto contro il suo sovrano. L’episodio è ricordato anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia: “Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cuor di Federigo e che le volsi / serrando e disserando, si soavi / che dal segreto suo quasi ogni uom tolsi”.
Alla morte di Federico II, San Miniato si schierò a fianco di Manfredi, combattendo insieme alle sue milizie a Monteaperti, e divenne il centro di una lega Ghibellina. Dopo la sconfitta di Manfredi a Benevento, la città cominciò a schierarsi con i Guelfi e con gli Angiò; da quel momento il borgo rimase fedele a Firenze.
Nel corso del 300 il territorio di San Miniato si sviluppò molto; secondo gli Satuti del 1334, il contado comprendeva 24 comunità, che più tardi sarebbero salite a 34. Fiorivano edifici religiosi e prestigiosi palazzi delle famiglie più ricche.
Nel 1347, in seguito ad una ribellione di alcuni samminiatesi contro il podestà fiorentino Guglielmo dei Rucellai, Firenze inviò alcuni contingenti militari che ristabilirono l’ordine e convinsero la popolazione ad accettare la “protezione” fiorentina per un periodo di cinque anni: una protezione che si sarebbe ben presto trasformata in vero e proprio dominio, esercitata molto più a lungo del periodo pattuito.
Nel 1529, quando Carlo V entrò in Toscana per abbattere la Repubblica fiorentina e favorire il ritorno della famiglia dei Medici, San Miniato venne assediata ed espugnata dalle truppe spagnole.
Nel 1620, per volontà testamentaria del granduca Cosimo II, “la terra di San Miniato al Tedesco e il suo vicariato” vennero assegnati a sua moglie, l’arciduchessa d’Austria Maria Maddalena, divenendo sede vescovile.
Cosa vedere:
San Miniato si sviluppa per la gran parte su una sola strada, lungo la quale si possono trovare bellezze artistiche e monumentali.

La Torre di Federico II, unica testimonianza del Castello voluto dall’Imperatore, distrutta anch’essa durante la seconda guerra mondiale e ricostruita nel 1958.
La Cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Genesio, costruita intorno alla metà del XIII secolo e in seguito più volte modificata internamente. Adiacente ad essa si trova il Museo diocesano di Arte Sacra.
L’edificio religioso che più di tutti conserva intatte le sue caratteristiche originarie è la Chiesa di San Domenico (1330), al cui interno si trova, tra gli altri, il Sepolcro di Giovanni Chellini, opera di Bernardo Rossellino.
Simbolo dell’antica autonomia cittadina, è il Palazzo Comunale, costruito nel XIV secolo come residenza dei magistrati locali.
Sulla piazza antistante la Cattedrale si affaccia invece il cosiddetto Palazzo dei Vicari, in origine residenza del marchese Bonifacio e in seguito utilizzato come sede dei rappresentanti dell’Imperatore.
Il Palazzo Vescovile, un tempo residenza del capitano delle milizie e dal 1622 sede dei Vescovi.
Si può trovare poi il Palazzo del Seminario, sulla cui ampia e bassa facciata si aprono numerose “botteghe” del XIV secolo, conservate anche dopo la ristrutturazione seicentesca.